Madlinin, l’ultima mondina – Luigi ARISIO

16.00

Il romanzo racchiude le memorie di un novantenne torinese ghiotto di risotto che si rivela cultore e geloso custode traduttore della lingua parlata dai suoi, il piemontese. Questo romanzo popolare racconta la vita nella risaia, dove sventolano al sole le camicie da notte e i mutandoni delle mondine e si possono ascoltare i loro canti, scoprire segreti e virtù delle casalinghe con la licenza della terza elementare e spigolare proverbi, invocazioni e modi di dire: tutte perle di sano acume popolare, riaffermato con la frase “mach’l bin fè a peul durè”, un principio irriso e calpestato, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti.

La Grande Guerra, i campi di concentramento, gli Ebrei nei forni crematori, le Tessere Annonarie e le incursioni aeree su Torino, il Regime Fascista in Camicia Nera e distintivo obbligatorio, i Partigiani della Repubblica dell’Ossola, il Principato di Lucedio, il Canale Cavour, il Certificato del Patriota, rilasciato all’Autore, completano una storia densa di emozioni e ricordi.

Le donne, insieme con il riso, solo le protagoniste di questo romanzo che unisce il piemontese, il francese, i dialetti ai canti delle mondine. Con la loro forza, la loro tenacia e la fame e la sete di giustizia e libertà costituirono quella silenziosa moltitudine che, sulle macerie dei bombardamenti aerei, seppe far sorgere il miracolo economico italiano.

Descrizione

MADLININ, L’ULTIMA MONDINA – Luigi Arisio
Buckfast Edizioni
16,00 euro
Formato 15×21
ISBN 9788899551087

Luigi Arisio è nato a Torino nel 1926, in borgo San Paolo. Aggiustatore calibrista alla Lancia, (intaglia pipe di radica) e quindi disegnatore meccanico alla Fiat Mirafiori, ha percorso in 43 anni tutte le tappe della carriera d’officina. A diciotto anni salì in Val Pellice nelle Formazioni Partigiane di Giustizia e Libertà. Insignito dal Presidente della Repubblica dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce e del Titolo di Maestro del Lavoro, ha diretto per dieci anni i periodici “Il Magistero del Lavoro” e “Qui Quadri”, pubblicando articoli, novelle e poesie. Nel 1980 organizzò i Colletti Bianchi nella storica “Marcia dei Quarantamila”. Eletto Deputato Repubblicano, fu il primo relatore della Legge che riconosce la figura del Quadro Intermedio. Sposato, ha tre figli, che con lui hanno collaborato alla stesura di queste pittoresche e toccanti memorie. Nella sua cantina, oltre a qualche bottiglia di Barbera, una morsa e l’ultimo modello del trapano Black & Decker.

“La riseria nella quale era stata assegnata era un’azienda di medie dimensioni e le mondine in essa occupate erano una quarantina. All’occorrenza il cognato del proprietario, padron di una riseria confinante, poco più estesa della sua, ne prestava qualcuna ed altrettanto, sempre all’amitié, faceva anche lui, attento ognuno a non rimetterci, “perché la parentela è una bella cosa, ma le palanche a son palanche”, diceva.

Vitto e alloggio non differivano da quanto si era aspettata Madlinin, ma altri aspetti, subito decantati, erano migliori. (… )

Nel dormitorio, un basso fabbricato lungo e stretto, c’erano due file allineate di brandine con la rete metallica verniciata di fresco sulla quale le donne mettevano il loro pagliericcio (la pajassa) che consisteva in un sacco di tela che le nuove arrivate andavano a riempire di paglia di riso o foglie di pannocchia di meliga, così come per la fodera del cuscino. Un paio di lenzuola da una piazza, due asciugamani e gli indumenti intimi, comprese alcune pezzuole – per quando ti arrivano i francesi –  erano il corredo suggerito alle mondine. Venivano contrassegnati con ‘na marca particolare o con le iniziali, come i mutandoni di Madlinin ricamati da lei stessa col filo di Scozia rosso che consentiva di individuarli anche da lontano, così da distinguerli mentre sventolavano come sfacciati vessilli stesi accanto alle camisòle tutto il santo giorno sotto il sole.

Erano le dieci in punto quando Maddalena e alcune altre ragazze, qualcuna ancora più giovane di lei, tutte a piedi nudi e abbigliate come le più anziane, entrarono nell’acqua fresca della risaia: quel battesimo non fu affatto gradevole per molte di loro. Il fango scivoloso e allo stesso tempo appiccicoso, penetrava fra le dita dei piedi e sotto le unghie, dando un senso di fastidio mai provato prima; le erbacce estirpate grondavano acqua e melma sulla gonna e la capa, una veterana della monda, attorniata da mondine pratiche ed esperte che davano l’andura, camminava davanti a loro spronandole a fé paréi ‘d mi. Andava su e giù per il campo, senza passare due volte sullo stesso tratto di seminato, raccoglieva le erbacce dimenticate e notando lo sbigottimento delle più impacciate le rincuorava affermando che in risaia non era mai morto nessuno, anzi, una volta una ragazza aveva “comprato” una bella mondina proprio lì nell’acqua”.

 

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