Recensione del libro “Gli anni al sole” di Consolata Lanza (suo il blog Anaconda Anoressica) a cura di Daniele Mosca sul suo blog di recensioni letterarie “Causa ed effetto” www.casusaedeffetto.it / www.facebook.com/Causaedeffetto
“Gli anni al sole” è un romanzo che racconta una bella storia, intensa, intrigante e affascinante, che attrae dalla prima all’ultima pagina. Una trama che è un fiume in piena, che ci porta a vivere con il protagonista Alain un vortice di eventi ed emozioni. Amori e disamori portano Alain a scoprire molte cose di sé stesso e sulle donne. Queste ultime sono le vere protagoniste di questo appassionante romanzo, sembrano librarsi in volo e allo stesso tempo giacere in un girone infernale. Il protagonista deve partire per un’isola lontana, Chios, per un lavoro richiesto da Mr Boyle, marito benestante di una delle sue tre sorelle. È proprio per il bene delle sue sorelle e per dare loro una vita migliore che si sacrifica in questa nuova vita. Una situazione che ben presto diventa critica, anche a causa del rapporto con tre sorelle misteriose e intriganti. Qualcosa lega Alain a loro. In questo rapporto ambiguo c’è tutto, sesso, amicizia, amore. Perché è quest’ultimo che infondo il protagonista vorrebbe scoprire. Ciò che più lo avvicina a un amore è il rapporto strano con una prostituta, Sula. Proprio il rapporto con questa donna mette in pericolo ogni cosa. Tutto si complica. La sicurezza delle sue sorelle a Londra e la sua a Chios è a rischio. Tutto precipita. E Alain rischia di allontanarsi per sempre dalla donna che riesce mischiare le carte e rapire il suo cuore. “Gli anni al sole” è una storia narrata con stile e maestria, con un ritmo serrato e dinamiche che creano un mistero che calamita l’attenzione senza dare scampo al lettore. Personaggi che incantano e che appassionano, che sembrano possedere sfaccettature più chiare, unite ad altre più oscure, specchio dell’animo umano, sono una delle carte vincenti di questo romanzo. L’autrice è Consolata Lanza, intensa, efficace, e decisamente brava nel tessere una trama ben costruita e a mantenere alta l’intensità della narrazione e quindi a scrivere un romanzo che scava nella mente umana, che mette a nudo le contraddizioni e che mette al centro il sentimento, affrontandolo però quasi come un avversario e facendo luce sulle paure, i pensieri poco trasparenti e sui sogni mancati. Insomma, l’autrice da vita alla vita stessa.
Ecco una breve intervista con l’autrice:
Alain è un personaggio intrigante e che possiede tutti i controsensi di ogni uomo, come se il male è il bene potessero davvero coesistere. Questo risultato è frutto di uno studio psicologico o dell’esperienza di vita?
Alain è soprattutto giovane. È fondamentalmente onesto, volonteroso, capace nel lavoro, ma molto inesperto riguardo alla vita e ai rapporti umani, soprattutto con le donne. È il risultato del tentativo (mio) di creare un personaggio credibile rispetto alla storia in cui si muove.
Inutile girarci intorno, le donne sono le vere protagoniste del tuo romanzo. Lo sono sotto vari punti di vista e sotto diverse sfaccettature. Tutte diverse, ma a che tutte uguali, per lo meno sotto certi versi. Ma cosa le accomuna davvero? Intrigo, questo concetto è quello che mi viene in mente pensando a questa storia. Eppure c’è molto di più. Un mistero che viene svelato, ma che alla fine sembra rimanere un mistero. È quello di come sia possibile capire davvero gli esseri umani?
Le donne sono sicuramente protagoniste, soprattutto in quanto sono loro che determinano gli snodi narrativi principali. Le accomuna il fatto che sanno quello che vogliono, sono determinate, a fronte di Alain che si arrabbatta un po’.
Intrigo, questo concetto è quello che mi viene in mente pensando a questa storia. Eppure c’è molto di più. Un mistero che viene svelato, ma che alla fine sembra rimanere un mistero. È quello di come sia possibile capire davvero gli esseri umani?
Questa è una storia che fa uso cosciente dei topoi del feuilleton, tra cui c’è anche il mistero e l’intrigo. È una storia complessa per quel che riguarda l’intreccio, i colpi di scena ma è semplice nel significato, non aspira a significati universali. A dire il vero significa solo se stessa.
Melissa, Marquela, Margherita. Dall’altra parte le sorelle di Alain. Donne alle prese con una guerra invisibile agli occhi, che cercano un ruolo, quasi un compone da recitare nella commedia, o nella tragedia, della vita, che si aggrovigliano come fossero in un girone infernale. In mezzo c’è Saksia, che appare come una speranza, una sorta di Beatrice per Un Dante che si è perso. Il paragone può avere un senso?
Melissa, Markela e Margarita sono le donne al massimo grado di incomprensibilità per Alain, le sorelle sono più domestiche ma comunque tutte sanno quello che vogliono. A me sembra che più che aggrovigliarsi nella tragedia, combinano un sacco di pasticci nella loro testarda ricerca del piacere e della felicità. Inoltre Alain non le ha scelte, né le sorelle né le Kalojannis. Saskia è quella che incontra quando è cresciuto abbastanza, attraverso dure esperienze, da potere forse fare una scelta, ma né Alain né noi la conosciamo ancora. Chi sia Saskia, non si può ancora sapere.
Le figure più oscure di questo romanzo sono invece la chiave narrativa, anche in questo caso sembra tu voglia usare il male per far vivere il bene, sono poi così distanti questi due vertici?
Non mi interessa tanto il concetto di male né quello di bene, nella realtà come nella letteratura. Sono una narratrice, racconto storie modellate sulla vita e i suoi contorcimenti, non do giudizi.
Chios é la metafora di una prigione, di un purgatorio, o forse la parte nascosta di noi stessi, quella in cui tutto accade, che ci cambia, ma senza che che ce ne accorgiamo?
Chios è un luogo che amo moltissimo, dove sono stata un sacco di volte, che mi ha acchiappata e fatta sognare del suo passato e delle storie che vi si sono svolte e annidate tra i lentischi e i monasteri. Chios è un luogo fisico, e forse questo romanzo l’ho scritto per raccontarmelo e illudermi di essere lì.
Mr Boyle, Dimitrios Kalojannis, rappresentano l’emblema del potere. Dell’uomo che p decidere del destino di una donna. Cosa è cambiato da allora, dal periodo che racconti del tuo romanzo e soprattutto, era davvero così sottomessa oppure era più importante di quello che la storia ci ha riportato?
Il problema è sempre uno solo, il potere economico dell’uomo sulla donna. Quando c’era, le donne combattevano come potevano, con armi anche sleali, con l’intrigo, la seduzione, e molte donne sono state importanti. Ma certo che le difficoltà che una donna doveva affrontare erano grandissime, anche se erano sveglie, testarde e coraggiose come le Kalojannis.
La tua scrittura è particolare, più che un romanzo di narrativa appare narrato come fosse un thriller, un giallo, mentre a tratti mi ha ricordato i romanzi di Falcones. È uno stile voluto? Quali sono i generi letterari che prediligi?
Qui non so che cosa risponderti, a me pare di avere scritto come in tutti gli altri miei libri, ma evidentemente la scrittura si adatta a quello che vuole dire. Non ho mai scritto gialli né thriller, né affrontato altri temi di genere, a parte il fantastico che però pratico all’interno del quotidiano, del mainstream. Mi vergogno a confessare, per esempio, che Falcones non l’avevo mai sentito nominare, ho dovuto cercare su internet. Non ho generi letterari preferiti, frequento soprattutto il mainstream ma non ho preclusioni.
Stai lavorando a un nuovo romanzo? Raccontaci qualcosa del tuo editore, Buckfast.
Al momento sto lavorando a un racconto per un’antologia a tema. Il mio editore Buckfast è in realtà un’editrice molto giovane e coraggiosa, Elisa Labanca, che ha cominciato da poco e mi ha invitato a condividere con lei un’avventura che sono sicura la porterà lontana. Sono piena di ammirazione per una ragazza che di questi tempi ha voglia di rischiare in un campo difficile come l’editoria, e sono molto onorata e felice di stare nel suo catalogo, in cui ci sono testi piuttosto raffinati in piemontese, raccolte di poesie e altro. https://www.facebook.com/buckfastedizioni/