Alia Evo 3.0 è il nuovo volume delle antologie ALIA dedicate alla narrativa fantastica, che dal 2003 a oggi hanno ospitato autori italiani, anglofoni, giapponesi, spagnoli, cinesi, di Taiwan, di Singapore.
Dall’Introduzione: I sapori e le stagioni di ALIA
Anche quest’ALIA è pronta. Venuta alla luce con il lavoro di ognuno di noi, è come sempre un mosaico di sogni e incubi, immagini, ricordi e desideri di personalità diverse. Eppure possiede un profilo inconfondibile che, come sempre in passato, emerge dal calderone dei tanti ingredienti che abbiamo scelto di utilizzare per i nostri racconti.
Il contributo dei prefatori, lo scopo di queste tre paginette firmate da noi, è quello di intravvedere questo profilo, e di illuminarlo per chi ha scritto e chi leggerà. Proviamoci, allora.
Che sapore ha, ALIA Evo 3.0?
16% di sapori piccanti e adrenalinici offerti dallo squinternato ma efficiente team di Eugenio Saguatti che, in Prima Missione, deve salvare dei turisti molto speciali, mescolati alle note agrodolci dei coloni matrilineari di Sangue di famiglia di Davide Zampatori che, anche durante la dura lotta contro la Terra troveranno modo di approfondire amicizie, rivalità e forse qualcosa di più. Anche L’ultima veglia ha il sapore dell’adrenalina, ma il cuoco è Danilo Arona, e all’avventura si mescolano paura e ironia.
16% di speranza nel futuro, quello che Massimo Soumaré regala a Young Karla, facendole conoscere una maestra degna di lei. È speranza anche quella che Francesco Troccoli infonde in Stat sua cuique dies, nel quale una figlia forse riuscirà a insegnare al padre che non si può giocare la parte di Dio. Regala un filo di speranza anche Il carnevale dell’uomo-cervo di Luigi Musolino, cronaca di un incontro che avrebbe potuto finire molto peggio.
6% dovuto ai profumi intensi e sconosciuti che impregnano i quartieri sotterranei dove si sopravvive all’Inverno Alieno di Caterina Mortillaro, trascorrendo lunghi mesi tra torpore, cibo e decisioni sempre rimandate.
50% di sapori sfuggenti, fra i quali si riconoscono amarezza per il presente, nostalgia per il passato, e il sapore salato dei momenti perduti. Questa percentuale così alta è forse il tratto peculiare di Alia Evo 3.0, e suggerisce che molti autori, o almeno i loro personaggi, si guardano alle spalle per rimpiangere occasioni perse o cercare le ragioni di un presente insoddisfacente.
In Gli dei vegliano, di Paolo Cavazza, un’umanità dotata di grandi poteri presi a prestito, debutta malissimo e continua a sbagliare. Il protagonista di Discesa di Fabio Centamore raggiunge una precaria pace interiore solo a prezzo della solitudine. Il passato recente e il presente si fondono in Stelle d’inverno di Massimiliano Malerba, racconto breve e intenso che dà voce a un’angoscia sottile e struggente, a un senso di responsabilità disatteso che rode come un tarlo la mente di tanti di noi. In Ritorno a casa di Massimo Citi il passato individuale e quello di una specie sono ugualmente preziosi e andranno perduti. Gli zoogeni, con la loro umanità precaria e proprio per questo più ricca di possibilità, fanno una figura molto migliore degli umani.
Anche la protagonista di Nel Grigio di Silvia Treves si affanna a rattoppare la trama piena di buchi del proprio passato; il futuro che aspetta lei e i suoi simili non è rassicurante. In Perseguitata di Valeria Barbera passato, presente e futuro si rincorrono: riusciranno a regalare alla protagonista la forza che le serve per riscattarsi? Il gioco della masca di Consolata Lanza è tutto ciò che resta alla piccola protagonista, ossessionata da un passato terribile e testimone di un pessimo presente che noi abbiamo già dietro le spalle.
Il destino dei Rehsu di Fabio Lastrucci, oltre che rielaborazione di un magnifico classico del fantastico è l’incarnazione letteraria di questa faccia di ALIA: il passato che soffoca il presente e priva gli umani del sogno del futuro.
Il Signore del Giardino di Maurizio Cometto è un bel racconto fantastico epistolare che farebbe la sua gran figura in una antologia Ottocentesca: coglie la faccia oscura e passionale del perbenismo piemontese, qui espresso nella vita della corte settecentesca dei Savoia ma il quadro che dipinge non promette niente di buono per gli anni a venire.
Un terzo di felicità di Vittorio Catani è un ottimo esempio di quella narrativa a sfondo etico/filosofico che è stato uno dei vanti peculiari della fantascienza italiana dello scorso secolo. E nonostante il titolo ha ben poco di ottimista.
6% vale il sapore peculiare di Confessione di Alberto Costantini, quello spartano delle razioni da viaggio, consumate lontane da casa e mescolate a una bevanda calda condivisa con un compagno occasionale che non si incontrerà mai più.
Il 6% di Māchĭna, di Mario Giorgi è forse il più difficile da definire: quello di un buon vino d’annata, che ti regala euforia, idee fantastiche e stimolanti, una bella sbronza il cui unico postumo è l’incentivo a riflettere.
Di più non possiamo dire su questi diciannove racconti, tutti riusciti e suggestivi tentativi di esplorare ALIA, i mondi differenti e possibili che stanno o potrebbero stare dentro e intorno a noi. Vi lasciamo con una frase tratta da un altro racconto, che coglie bene il senso di questa nostra impresa collettiva, che agli autori ha dato il piacere di scrivere, ai curatori quello di scegliere tra contributi tutti meritevoli e, speriamo, ai lettori quello di immaginare. La frase è parte di un altro racconto inviato da Alberto Costantini, che ha molti meriti e che abbiamo già opzionato per il prossimo ALIA Evo 4.0 che, se tutti voi ci aiuterete, riusciremo senz’altro a fare.
La favola è la negazione non solo del reale e dell’accaduto, ma anche del possibile: in un racconto cavalleresco, un grifone può accoppiarsi con una giumenta dando vita a un ippogrifo, un castello può sparire nel nulla, il Silenzio camminare con le ciabatte di feltro e proteggere il passaggio di un esercito sotto il naso del nemico, ma al lettore va bene così, perché così stava nel tacito accordo stretto con l’autore: come dicevo, i poeti si occupano del favoloso, ed esercitano il loro legittimo diritto a parlarci dell’Impossibile. Noi invece rivendicavamo il nostro diritto ad occuparci del Possibile, quantunque improbabile e, almeno per il momento, non dimostrato.